Apologia del fallimento

Recita il detto “chi la dura, la vince” ma è sempre così?
Siamo spesso convinti che combattere con tutte le nostre forze ci assicuri il risultato.
Questo è spesso vero o almeno è un requisito fondamentale per portare avanti i propri progetti ma, quando non raggiungiamo l’obiettivo che ci eravamo prefissati cosa accade? Ci confrontiamo con quello che viene chiamato “fallimento”?
Ebbene si, in alcuni casi si può “fallire” e, sebbene sia una parola che ci spaventa tanto e che sicuramente ci fa soffrire, è una condizione del tutto NATURALE!


La società in cui viviamo purtroppo non considera più il fallimento come un valore e ci guida alla costante ricerca del successo, al raggiungimento degli obiettivi oltre che alla costante esposizione dei nostri “trofei”!
Questo approccio alla vita e al lavoro ha ripercussioni pesantissime soprattutto sui più giovani che si trovano spesso sotto i riflettori in attesa dei loro successi.


Il “fallimento” è un’esperienza del tutto fisiologica ed è l’occasione per coltivare e attivare la propria crescita personale.
E’ in questa condizione che non dobbiamo arrenderci o meglio dobbiamo sviluppare la nostra capacità di non arrenderci!
Sviluppare la propria capacità di non arrendersi significa in primis, riconoscere di aver diritto alla delusione e alla sofferenza e confrontarci con l’imparare a chiedere aiuto, operazione per nulla scontata.


Fallire ci permette di poter beneficiare della nostra rete sociale, della nostra famiglia, degli amici, della scuola, di conoscenti, delle istituzioni o di un professionista e in alcuni casi, è anche l’occasione per incrementare la nostra “rete di supporto”.


Momenti di crisi possono essere un’occasione importante per soffermarsi a riflettere su dove stiamo andando e soprattutto su dove desideriamo andare e per tracciare una rotta verso le NOSTRE mete e, perché no, per cambiare le cose che non ci piacciono più.


Dall’altra parte ricordiamo sempre che tutti noi abbiamo subito una delusione o un fallimento e che dobbiamo imparare a sviluppare un diverso modo di relazionarsi con chi lo sta vivendo ora.


E’ vero, è difficile condividere la sofferenza di una persona che sta attraversando una delusione e a volte questo può spaventare o mettere in contatto con un sentimento di impotenza (“ma cosa posso dire?”, “cosa devo fare?”)
In realtà molto spesso non servono troppe parole, è sufficiente far sentire all’altro di esserci, di condividere con lui un momento poco felice, di comprendere la sofferenza.
Accogliere è un’operazione importantissima e il requisito fondamentale per ripartire ma soprattutto accogliere significa dire all’altro che non è solo in un’esperienza che accomuna tutto il genere umano.

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