Qual è la mia diagnosi?

Mi capita spesso di sentire questa domanda e ogni psicoteraputa sa che dietro questa richiesta c’è qualcosa di molto più profondo e che la risposta non è in una “etichetta” (ad es. ” lei è depresso”).

Si tratta di un quesito importante, che assume un significato autentico solo all’interno del percorso di psicoterapia che si sta facendo, per cui lungi da me l’idea di poterla approfondire in questo contesto eppure ci sono delle riflessioni più generiche che meritano comunque di essere espresse.

Mi stupisce sempre come molte persone si sentano “alleggerite” dopo aver ricevuto una diagnosi, in quanto si tratta di qualcosa utile al clinico ma che può diventare molto limitante e persino rischiosa per il paziente. Vediamo dunque quali sono le ragioni di questo “alleggerimento”.

Ricevere una diagnosi ha sicuramente i suoi vantaggi: permette di poter dare un nome alla propria sofferenza, di poterla identificare come autentica e riconosciuta sul piano sociale e scientifico, di poterla comunicare agli altri (famiglia, amici, scuola etc) e aiuta a far si che questa sofferenza venga presa sul serio.


Le diagnosi diventano rischiose però quando vengono utilizzate nello stesso modo di quelle mediche(solo questa argomentazione meriterebbe un libro intero), quando diventano stigmatizzanti, quando diventano un modo per definirsi e impediscono di comprendere veramente se stessi.

Per questo motivo credo sia più utile chiedersi cosa significhi veramente la ricerca di una diagnosi

Credo che prima di tutto vi sia il bisogno di comprendere cosa stia accadendo nella propria mente e nella propria vita.
Entrare in contatto con alcune emozioni o comportamenti (attacchi di panico, di ansia, rituali, compulsioni etc.) può essere molto angosciante e trovare un nome a tutto quel “caos” è un modo per provare a comprenderlo e soprattutto a contenerlo.

Ritengo inoltre che questa ricerca abbia a che fare con la possibilità di mostrare agli altri (e a se stessi in primis) che il dolore psichico sia reale e autentico tanto quanto quello fisico e che ci siano altre persone che stanno vivendo la stessa situazione.

Infine, il desiderio di conoscere la propria diagnosi porta con se anche il bisogno di essere rassicurati, di poter sapere che esiste una “cura” alla propria sofferenza e che il dolore possa essere guarito.
Sono ancora molti i significati che si celano dietro questa domanda ma forse, il più importante non è ancora stato detto.

Penso che la ricerca di una diagnosi sia soprattutto un modo per chiedere aiuto e trovare un posto dove portare il proprio dolore e dargli un senso.
Mi sento di dire senza mezzi termini, che questo posto non risiede nei manuali, su internet o in chissà quale quiz ma nella psicoterapia, un “luogo” in cui compiere un viaggio con un professionista alla scoperta di se stessi, dove poter mettere ordine alla confusione e prendersi cura del proprio dolore.

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